Sito archeologico di Vergina
Vergina ospita uno dei maggiori siti archeologici della Grecia entrato a far parte dell’elenco dei Patrimoni dell’Umanità nel 1996.
Il nome “Vergina” deriva da quello di una leggendaria regina macedone morta suicida nel fiume Aliakmone per non diventare una prigioniera dei Turchi. Quest’amena località è diventata famosa alla fine degli anni Settanta dopo il ritrovamento della tomba di Filippo II, re di Macedonia dal 359 a.C. al 336 a.C., e fu il padre di Alessandro Magno e Filippo III di Macedonia. Questo ritrovamento fa si che Vergina venga considerata l’antica capitale della Macedonia.
Secondo la mitologia, Archelao dopo essere stato cacciato da Argo, si recò in Macedonia per aiutare il re Cisseo ad affrontare i suoi nemici, ma, giunto a destinazione, il re cercò di assassinarlo. A questo punto fu Archelao che uccise Cisseo e scappò seguendo, secondo l’oracolo, una capra; nel punto dove si è fermata la capra (in greco “aix”) egli fondò la città di Aigaì prima capitale della Macedonia e, secondo l’usanza, i re macedoni continuarono ad essere seppelliti nella prima capitale. Quando nel I secolo d.C. la città venne abbandonata, il nome “Aigaì” non apparve più nei documenti e fu sostituito con “Palatitsia”, un villaggio adiacente che si estese sul territorio.
Nell’area intorno a Vergina sono stati ritrovati numerosi reperti archeologici che hanno portato alla luce la magnificenza e il potere del regno macedone.
Tra i due villaggi Vergina e Palatitsia è stata ritrovata una necropoli che copre una superficie di oltre un chilometro quadrato e comprende più di trecento tumuli nella parte meridionale. Il diametro di questi tumuli varia da 15 a 20 metri mentre l’altezza da mezzo metro a un metro. Tra tutto addirittura è stato trovato un tumulo che gli archeologi fanno risalire all’Età del ferro (1000-700 a.C.) mentre quello più recente è del periodo ellenistico.
Le tombe macedone erano formate da una camera a volta, un ingresso architettonico con porta monumentale, un corridoio e poi un tumulo. Questa è la stessa impostazione delle tombe dei Micenei a testimonianza del fatto che i macedoni hanno ereditato le strutture e le usanze di questa civiltà incorporandole alle proprie.
Alla necropoli apparteneva la tomba di Filippo II che venne fatta costruire da Alessandro Magno intorno al 336 a.C. alla morte del sovrano. La tomba si compone di due stanze, un’anticamera che ospita le ceneri di Cleopatra, moglie del sovrano, e una camera principale riservata a Filippo. Le camere hanno sempre il tetto a botte alte oltre cinque metri. L’ingresso è monumentale e presenta un fregio dorico che raffigura una bella scena di caccia: un paesaggio montuoso, cinque scene di caccia scandite da alberi, tronchi senza foglie, cacciatori e animali in un clima animale.
Nel dipinto la figura Filippo II è segnalata da un cavallo bianco che sta per colpire a morte un leone. Una corona di alloro identifica il figlio Alessandro, in mezzo agli alberi, ai cavalieri, ai cani e altri elementi tipici del mondo greco. La luce del fregio è azzurrina e rende evanescenti la figure, circondate da un’aurea misteriosa e divina; la stessa luce sembra diffondersi dallo sfondo verso il primo piano, creando contrasti e giochi di luce particolarissimi: i colori freddi (blu e verde) abbondano sullo sfondo e contrastano con i toni caldi del giallo-arancio, rosso, bruno, viola pallido e porpora delle figure in primo piano. Nell’affresco non mancano poi sapienti riferimenti alla cultura greca dell’epoca, ai personaggi importanti e il pittore si preoccupa sempre di testimoniare le fonti da cui prende l’ispirazione.
Le ossa di Filippo II sono state ritrovate avvolte in un telo porpora ed oro, conservate in un grande larnax dorato, un pezzo d’arte unico con una bellissima stella macedone a 12 punte in rilievo sul coperchio. Il larnax si trovava dentro un grande sarcofago di marmo che conteneva anche le armi del re, la sua corazza di ferro con decorazioni dorate in rilievo, il suo elmo e la sua spada, tre paia di gambali di bronzo, lo scudo fatto di oro e avorio e una corona d’alloro dorata trovata sulle ossa del re defunto. La corona è composta da 313 foglie e 68 ghiande…e tutti questi preziosi oggetti sono stati sepolti e si sono ben conservati per 23 secoli.
Vicino a questo spettacolare sito archeologico di Vergina sorge un importante museo che accoglie i ritrovamenti delle tombe è un museo unico al mondo, in quanto è stato costruito nel luogo stesso in cui sono state trovate le tombe.
